venerdì 2 ottobre 2009

Piano risanamento (art 67 LF):Il presupposto soggettivo

Al piano di risanamento di cui all’art. 67 comma 3, lettera d) legge fallimentare, detto comunemente anche “piano attestato”, possono fare ricorso tutti i soggetti passibili di fallimento. Si è indotti a tale conclusione, in assenza di un’espressa indicazione nel dettato normativo, dalla caratteristica principale dell’istituto, ovvero di esentare gli atti, i pagamenti e le garanzie concesse sui beni del debitore, dalla revocatoria fallimentare, beneficio che non sarebbe ragionevole applicare a soggetti non fallibili. Tra i soggetti fallibili, che quindi possono ricorrere a tale strumento, vanno annoverati sia l’imprenditore costituito in forma collettiva, ovvero la società, sia l’imprenditore individuale, senza che possa costituire un ostacolo a ciò il richiamo all’art. 2501 - bis, quarto comma del codice civile, norma dettata in tema di fusione tra società conseguente ad acquisizione per indebitamento (c.d. leveraged buy out). Tale norma, infatti, viene richiamata nell’ art. 67 comma 3, lettera d) l.f. al solo scopo di stabilire le caratteristiche che il piano deve possedere e non sembra che vi si debba fare ricorso, neppure indirettamente, per ricercare un’indicazione sul presupposto soggettivo di applicabilità della norma.
Pertanto il presupposto soggettivo per ricorrere al piano di risanamento è rappresentato dalla condizione di imprenditore commerciale soggetto a fallimento ai sensi dell’art. 1 l.f.. Sono dunque escluse tutte le categorie di soggetti che, pur incapaci di adempiere alle proprie obbligazioni, non possiedono i requisiti di legge per essere dichiarati falliti, tra cui principalmente il piccolo imprenditore e, ovviamente, l’insolvente civile.Per informazioni ed assistenza Tel 045 581358 E-mail info@interprofess.it

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