sabato 3 ottobre 2009

Rivedere la politica comunitaria a favore dell’innovazione: fai sentire la tua voce

Dall’analisi dei progressi compiuti negli ultimi anni emerge che l'UE ha giustamente
individuato nell’innovazione il principale motore verso un futuro di prosperità. Tuttavia,
rendere l’UE uno spazio veramente dinamico per l’innovazione richiede attenzioni continue
ed esige di sfruttare meglio le potenzialità della cooperazione tra l’UE e i suoi Stati membri
attraverso attività e meglio modulate e coordinate a tutti i livelli.
Pertanto, analizzati i risultati finora ottenuti e gli insegnamenti tratti da quanto svolto, come chiesto dal Consiglio europeo, la Commissione entro la primavera del 2010 intende proporre agli Stati membri, e verificare la fattibilità, di una Legge europea a favore dell’innovazione che affronti tutte le condizioni per uno sviluppo sostenibile e sia una parte integrante e determinante del futuro percorso di riforma dell’UE.

A tal riguardo invita a partecipare ad un sondaggio sull'efficacia delle politiche comunitarie per l'innovazione.
Il sondaggio è disponibile al seguente indirizzo:
http://ec.europa.eu/enterprise/policies/innovation/files/consultation_en.doc

Per maggiori info si veda:
http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:2009:0442:FIN:IT:PDF

Per informazioni ed assistenza Tel 045 581358 E-mail info@interprofess.it

venerdì 2 ottobre 2009

Piano risanamento (art 67 LF): Redazione del piano

Si ritiene che il piano di risanamento ex art 67 legge fallimentare debba specificare analiticamente e dettagliatamente i singoli interventi programmati, nonché evidenziare la relativa tempistica di attuazione, onde scongiurare preventivamente e oggettivamente la formulazione di contestazioni avverso il piano medesimo e quindi garantire la protezione degli atti che ne sono stati esecuzione.

La redazione del piano, successivamente alla definizione delle strategie di risanamento, si sostanzia nella predisposizione dei seguenti documenti:
- conto economico previsionale (budget economico);
- stato patrimoniale previsionale (budget patrimoniale);
- rendiconto finanziario previsionale (budget finanziario).

L’arco temporale di riferimento deve risultare congruo con le azioni di intervento programmate: la costruzione dei budgets deve interessare il lasso temporale ragionevolmente necessario per il conseguimento degli obiettivi di risanamento dell’esposizione debitoria nonché del riequilibrio della situazione finanziaria.

Tralasciando gli aspetti tecnici di elaborazione dei singoli documenti, i quali rischierebbero di appesantire eccessivamente la presente trattazione, di seguito viene riportato lo schema da seguirsi nell’ambito del processo di elaborazione del business plan:
Per informazioni ed assistenza Tel 045 581358 E-mail info@interprofess.it

Piano risanamento (art 67 LF): La relazione del professionista

L’art. 67, comma 3, lettera d), legge fallimentare, dispone che la ragionevolezza del piano debba essere attestata, ex ante, ai sensi dell’art. 2501-bis, comma 4, c.c., ovvero la norma che disciplina la fusione a seguito di acquisizione con indebitamento.
L’analogia sembra trovare la propria giustificazione nel fatto che in ambo i casi la normativa di riferimento richiede espressamente la “sistemazione” dei debiti, la quale deve essere dimostrata mediante un apposito business plan realistico e congruente, benché, nel caso della fusione, tale attività previsionale riguardi esclusivamente le obbligazioni contratte in seguito all’acquisizione delle azioni della società target, mentre, nel caso di specie, essa deve aver riguardo all’indebitamento complessivo.
Il rinvio operato dal legislatore all’art. 2501-bis, comma 4, c.c., il quale a sua volta richiama l’art. 2501-sexies c.c., è suscettibile di una duplice interpretazione, ovvero:
a) il richiamo all’art. 2501-sexies c.c. implica l’applicabilità di tutte le norme presupposte da tale disposto;
b) il rinvio all’art. 2501-sexies c.c. definisce esclusivamente il contenuto dell’attestazione che l’esperto è tenuto a rilasciare.

Laddove si ritenga corretto aderire alla prima soluzione, tesi ritenuta peraltro preferibile da parte della dottrina, l’esperto deve essere:
- un revisore contabile o una società di revisione iscritta nell’apposito albo tenuto presso il Ministero di Giustizia;
- una società di revisione, in caso di società quotate nei mercati regolamentati.

La designazione dell’esperto è lasciata alla libera iniziativa dell’imprenditore. (si veda in tal senso la pronuncia del Tribunale di Mantova del 31.03.2009 )

L’esperto, non può limitarsi a recepire i dati aziendali forniti dall’imprenditore senza effettuare alcun controllo degli stessi ed esimendosi dall’assunzione di responsabilità in ordine alla loro veridicità.
Il rinvio operato all’art. 2501-bis, c.c., infatti, implica l’applicabilità anche dell’art. 2501-sexies, comma 5, c.c.: ne consegue il potere – dovere dell’esperto di richiedere e ottenere tutte le informazioni utili. Argomentando diversamente, laddove, al verificarsi di talune circostanze, emergessero incongruenze e/o incompletezze rispetto alla documentazione a suo tempo fornita, l’esperto non potrebbe essere considerato esente da responsabilità.

L’attestazione di ragionevolezza del piano si estrinseca in una valutazione prognostica ex ante dell’attendibilità delle previsioni in esso contenute, ovvero della ragionevole probabilità che il medesimo, al momento della sua predisposizione, appaia idoneo a consentire il conseguimento del risultato sperato, come tale, la soluzione della crisi dell’impresa.
L’esperto, peraltro, non sembra possa limitarsi a una mera enunciazione di ragionevolezza del piano: egli, onde consentire ai terzi di poter congruamente valutare sia i requisiti del programma che l’attestazione medesima, si ritiene debba illustrare le ragioni che ne hanno consentito il rilascio. L’esperto, infatti, attestando la ragionevolezza del piano, ne garantisce indirettamente la sussistenza del requisito dell’idoneità, ovvero dell’adeguatezza al raggiungimento degli obiettivi di riequilibrio della situazione finanziaria nonché del risanamento dell’esposizione debitoria.
L’esperto, dunque, deve attestare la verosimile razionalità – fattibilità del piano in relazione al conseguimento dei suddetti obiettivi, nonché, in particolare, evidenziare l’idoneità delle risorse finanziarie ad assorbire l’esposizione debitoria, operando pertanto un’esposizione descrittiva del cosiddetto turnaround aziendale.

Il piano, affinché possa essere ritenuto attendibile nonché realizzabile, deve possedere i seguenti requisiti, di cui l’esperto è tenuto a verificarne preventivamente la sussistenza:
- compatibilità con le dinamiche del mercato di riferimento;
- confrontabilità con i trends storici (l’onere dell’imprenditore di fornire elementi che possano attestare la validità e l’attendibilità dei risultati prospettici del piano è tanto più gravoso e imprescindibile quanto più essi si discostano da quelli passati, in particolare qualora appaia elevato il livello di difficoltà del piano medesimo);
- adeguatezza delle risorse disponibili in ordine al conseguimento degli obiettivi prefissati;
- coerenza della situazione di partenza con gli obiettivi e le modalità del piano, oltre che con le strategie economico – finanziarie in esso contemplate.

Il rilascio dell’attestazione in esame implica altresì l’effettuazione di ulteriori preventivi controlli finalizzati alla verifica della sussistenza dei seguenti elementi:
- la correttezza dei dati esposti nel piano;
- la conformità dei documenti previsionali agli standards raccomandati dai principi contabili;
- l’accuratezza di calcoli matematici;
- la competenza nonché le esperienze professionali dei soggetti responsabili del lavoro.

Il rilascio dell’attestazione di ragionevolezza ex art. 2501-bis, comma 3, c.c., sembra rappresentare il momento in cui possono ritenersi conseguiti gli effetti derogatori della revocatoria di cui all’art. 67, comma 3, lettera d), l.f., nell’ipotesi di successiva dichiarazione di fallimento dell’impresa, indipendentemente da qualsiasi pubblicazione del piano.
La tesi secondo la quale l’efficacia dell’esenzione potrebbe retroagire a una data antecedente il rilascio dell’attestazione, purché l’idoneità del piano sia stata riconosciuta, non sembra possa essere accolta, in quanto il giudizio dell’esperto rappresenta un elemento essenziale e imprescindibile, in assenza del quale l’immunizzazione da revocatoria degli atti compiuti dall’imprenditore non può realizzarsi.

Parte della dottrina sostiene che il rilascio di siffatta attestazione non precluda la possibilità della proposizione di un’azione risarcitoria da parte del curatore ovvero dei soli creditori laddove vi sia un pregiudizio economico ricollegabile causalmente all’operato di una banca che, avendo erogato credito all’impresa successivamente rivelatasi insolvente e come tale dichiarata fallita, abbia indotto altri creditori a concedere credito ovvero a fornire beni o servizi nei confronti della medesima.

L’astratta risanabilità dell’azienda presupposta da un piano liquidatorio, anche di tipo misto, ovvero finalizzato alla conservazione dell’integrità di uno o più rami dell’azienda, non è sufficiente a legittimarne l’adozione: sussiste convenienza economica alla ristrutturazione, infatti, unicamente allorquando sia ipotizzabile un’adeguata remunerazione del capitale a tal fine necessario mediante i redditi prospettici e, comunque, laddove i costi necessari per la ristrutturazione siano di entità inferiore al valore dell’azienda risanata.
L’esperto, dunque, onde poter formulare un corretto giudizio in ordine alla ragionevolezza di un piano liquidatorio, è tenuto a verificare la sussistenza di margini di intervento nonché, in caso affermativo, della convenienza economica alla prospettata ristrutturazione. Risulta evidente che la discriminante è sempre rappresentata dalla corretta individuazione sia della tipologia di crisi che delle relative cause, circostanza che ribadisce il ruolo di primaria importanza che tale attività assume in sede di predisposizione della relazione in esame.
Per informazioni ed assistenza Tel 045 581358 E-mail info@interprofess.it

Piano risanamento (art 67 LF): Interventi propedeutici alla redazione del piano di risanamento

L’impostazione di un piano di risanamento, ex art 67 legge fallimentare, non può prescindere da un’attenta e preventiva verifica di fattibilità, la quale implica un’altrettanto attenta e approfondita analisi dei vincoli esterni e interni all’impresa.

I vincoli esterni all’azienda sono rappresentati:
- dalle condizioni economiche, sociali, politiche e giuridiche dell’ambiente in cui l’azienda opera;
- dal mercato di sbocco e dalla domanda del prodotto realizzato e/o commercializzato dall’impresa;
- dai punti di forza e di debolezza dei concorrenti;
- dalla situazione del mercato del lavoro, della tecnologia e degli altri fattori produttivi necessari allo svolgimento dell’attività d’impresa;
- dalla situazione del mercato dei capitali.

I vincoli interni all’azienda sono i seguenti:
- la disponibilità di personale dotato del necessario know how;
- il possesso di adeguate risorse tecnologiche;
- la reperibilità di fattori produttivi adeguati;
- la disponibilità di risorse finanziarie adeguate;
- la struttura organizzativa interna;
- le relazioni umane tra i soggetti dell’impresa.

Il piano, dovendo fornire l’evidenza numerica dei singoli interventi di risanamento previsti, quanto meno di quelli di maggiore importanza, richiede la preventiva formulazione della previsione delle sue risultanze, da effettuarsi sulla scorta della situazione di partenza nonché, in particolare, delle informazioni acquisite mediante l’analisi di bilancio.

Tale fase, dunque, assume fondamentale rilievo in quanto consente all’esperto di poter accertare l’esistenza o meno della concreta possibilità di realizzazione degli obiettivi programmati, ovvero della ragionevolezza del piano.
Per informazioni ed assistenza Tel 045 581358 E-mail info@interprofess.it

Piano risanamento (art 67 LF): Valutazione comparata del risanamento e delle ipotesi alternative di cessione e di liquidazione

L’utilizzo dell’istituto ex art 67 legge fallimentare sembra sia precluso all’imprenditore che, mediante il piano, intenda attuare un processo di liquidazione dell’azienda, in quanto il piano di cui all’art. 67 l.f., diversamente dagli accordi di ristrutturazione di cui all’art. 182-bis l.f. nonché dal concordato preventivo, stante il riferimento al riequilibrio della situazione finanziaria, sembra presupporre una visione dinamica dell’attività, ovvero la continuità aziendale.
L’accoglimento di siffatta interpretazione normativa consentirebbe di giustificare, da un lato, l’unilateralità dell’atto e quindi l’assenza di un’apposita procedura omologatoria ovvero di una speciale vicenda concorsuale, dall’altro, il vincolo giuridico del riequilibrio della situazione finanziaria, il quale, infatti, sembra presupporre una visione dinamica dell’attività nonché costituire l’effetto indispensabile di una programmazione aziendale che preluda, mediante il superamento della crisi, alla prosecuzione dell’attività d’impresa.

Si ritiene, comunque, che, benché la continuità aziendale sembri costituire l’obiettivo finale che il legislatore ha inteso privilegiare, non sia dato escludere che il piano possa prefiggersi il conseguimento del risanamento mediante la parziale liquidazione dell’impresa, ritenendo plausibile la cessione di singoli rami d’azienda.
Si ritiene altresì che la formulazione di un piano che contempli un’ipotesi liquidatoria esclusivamente per il caso di insuccesso, ovvero laddove non vengano raggiunti gli obiettivi prefissati in termini di liquidità, solvibilità o redditività, possa essere ritenuta conforme al dettato normativo.
Per informazioni ed assistenza Tel 045 581358 E-mail info@interprofess.it

Piano risanamento (art 67 LF): ricerca delle cause della crisi

Lo stato di crisi, del quale non esiste una definizione normativa, è uno status che, pur ricomprendendo la vera e propria insolvenza irreversibile, può anche consistere in uno squilibrio economico – finanziario che pone l’impresa a rischio di insolvenza.
Tenuto conto dell’avallo di siffatta impostazione fornito da parte della prevalente giurisprudenza, sembra pertanto corretto affermare che la nozione di “crisi” possa includere variegate situazioni di difficoltà gestionale che possono identificarsi tanto con la temporanea difficoltà ad adempiere (insolvenza reversibile), quanto con l’insolvenza irreversibile di cui all’art. 5 l.f..

Di insolvenza “reversibile” può parlarsi allorquando la crisi sia di natura finanziaria, la quale è caratterizzata dalla presenza di un rapporto insoddisfacente tra il fabbisogno finanziario e le fonti di finanziamento, ovvero, dalla presenza di mezzi finanziari inadeguati, sia quantitativamente che qualitativamente, per il sostenimento degli impegni gestionali.
Il fabbisogno finanziario è costituito dall’insieme degli investimenti (attivo dello stato patrimoniale); le fonti di finanziamento sono rappresentate dal passivo dello stato patrimoniale. Affinché si possa parlare di equilibrio finanziario è necessario che sussista un corretto rapporto di correlazione tra la struttura degli investimenti e quella dei finanziamenti. In particolare:
- la parte durevole degli investimenti (attivo immobilizzato) deve essere soddisfatta mediante il capitale di rischio nonché da quello di credito a medio/lungo termine [(Cp+Pc) – I > 0, dove Cp = capitale proprio, Pc = passività consolidate, I = immobilizzazioni];
- la parte degli investimenti a breve termine (attivo corrente) deve essere soddisfatta mediante finanziamenti anch’essi di tipo corrente [(Ab – Pb) > 0, dove Ab = attività correnti, Pb = passività correnti].

L’insolvenza “irreversibile”, al contrario, denota la presenza di una crisi di natura economico – finanziaria, il tertium genus individuato dalla dottrina aziendalistica, ove a una situazione di illiquidità si associa altresì la mancanza di equilibrio economico, quindi di redditività, ovvero l’incapacità dell’impresa di remunerare mediante i propri ricavi i fattori produttivi.

L’individuazione delle cause della crisi aziendale, dunque, costituisce una fase di estrema rilevanza, in quanto, corrispondendo a ciascuna di esse altrettanto differenti tipologie di crisi e, quindi, di criteri di apprezzamento delle soluzioni prospettabili, consente la formulazione di un corretto giudizio nonché la definizione delle più appropriate strategie di intervento.

Le cause di una crisi di natura finanziaria possono essere, a puro titolo esemplificativo, le seguenti:
- sottocapitalizzazione dovuta alla mancanza di mezzi propri dell’imprenditore ovvero a un scelta deliberata di non effettuare autofinanziamento;
- errori strategici in sede di formulazione di programmi di sviluppo (es. la realizzazione di un nuovo stabilimento non adeguatamente supportato da finanziamenti a medio/lungo termine);
- allungamento della durata dei crediti, con conseguente alterazione del ritmo dei flussi finanziari in entrata e perdita di correlazione con quelli in uscita;
- eccessivo ricorso all’indebitamento finanziario.

La crisi di natura economica può trarre origine da molteplici cause, tra le quali:
- decadimento commerciale dei prodotti;
- crisi della cultura di impresa, la quale può derivare da carenza di imprenditorialità, di innovazione, di creatività, etc.;
- obsolescenza dell’impianto produttivo;
- inefficienza della struttura organizzativa e/o produttiva (eccessivo aumento dei costi di struttura, di sviluppo dei prodotti, dei costi di distribuzione, dei costi per materie prime, etc.);
- perdita di competitività da imputarsi alla presenza di prodotti qualitativamente inferiori rispetto a quelli della concorrenza;
- eccessiva rigidità della struttura organizzativa e produttiva ovvero nelle risorse umane, circostanza che, in periodi di crisi generale del mercato, può portare all’adozione di politiche di ribasso al fine di ottenere ordinativi non remunerativi onde poter ottenere la parziale copertura dei costi fissi;
- crisi generale di mercato.
Per informazioni ed assistenza Tel 045 581358 E-mail info@interprofess.it

Piano risanamento (art 67 LF): definizione delle strategie

L’individuazione delle cause generatrici della crisi e, quindi, della relativa tipologia consente la corretta definizione delle strategie di intervento.

La definizione delle strategie di risanamento, ex art 67 legge fallimentare, in virtù di quanto suggerito dalla dottrina, richiede l’adozione di forme similari a quelle del business plan, il quale, tecnicamente, si sostanzia in quattro documenti:
- piano industriale;
- conto economico previsionale (budget economico);
- stato patrimoniale previsionale (budget patrimoniale);
- rendiconto finanziario previsionale (tavole analitiche del cash flow previsto).

Occorre precisare che la predisposizione di un vero e proprio piano industriale si rende necessaria unicamente laddove il piano sia preordinato alla risoluzione di una crisi non soltanto finanziaria bensì anche economica. Ne consegue che, in presenza di una crisi di natura esclusivamente finanziaria possono assumersi come elementi prospettici attendibili i dati consuntivi desunti dall’ultimo conto economico (salvo mutamenti del mercato di riferimento); laddove la crisi sia altresì di natura economica, si rende necessaria la formulazione di nuovi obiettivi di marketing nonché di efficienza dei fattori produttivi.

Il piano sembra possa contemplare strategie alternative, da utilizzarsi unicamente qualora dovessero realizzarsi scostamenti significativi rispetto all’ipotesi principale.

In dottrina viene proposta la seguente classificazione degli interventi di risanamento, conformi alle varie tipologie di cause di crisi esposte nel precedente paragrafo:
1) rigenerazione dei valori aziendali (per esempio, implementazione di nuovi progetti, incremento del grado di soddisfazione della clientela, incremento del livello di motivazione del personale, etc.);
2) innovazione dei prodotti e dei processi produttivi;
3) riconversione produttiva (indispensabile allorquando la crisi sia imputabile a errori strategici associabili a crisi del settore nonché di saturazione del mercato);
4) nuovo orientamento strategico (per esempio, operazioni di dismissione, di scorporo, di liquidazione di rami aziendali, necessarie qualora lo sviluppo dell’impresa, in virtù di erronee strategie di portafoglio, sia stato realizzato in settori non correlati a quello della sua attività principale, quindi non rientranti nel core business dell’impresa);
5) ridimensionamento (realizzabile mediante licenziamenti, chiusura di stabilimenti, etc.);
6) ristrutturazione organizzativa interna (spesso si rende necessaria anche la sostituzione del management, onde conseguire la netta discontinuità rispetto alla gestione precedente, nonché la nomina di un consulente per la predisposizione di un piano di risanamento, al fine di infondere fiducia nei creditori e nei terzi che intrattengono rapporti con l’impresa);
7) creazione di un comitato di sorveglianza incaricato del monitoraggio del piano;
8) sostituzione di parte dei componenti gli organi sociali con soggetti “graditi” al comitato di sorveglianza;
9) ristrutturazione organizzativa esterna;
10) ristrutturazione tecnico produttiva.

Le strategie finalizzate al recupero dell’equilibrio economico finanziario, come tali dirette alla riduzione dell’indebitamento e alla generazione di liquidità, possono essere le seguenti:
- riduzione dell’indebitamento a breve termine operando la compensazione con titoli eventualmente costituiti in pegno;
- consolidamento, a un tasso rinegoziato, delle esposizioni debitorie sia a breve che a medio/lungo termine;
- mantenimento delle linee di credito autoliquidanti presenti al momento in cui la crisi è insorta;
- dismissione delle attività non remunerative ovvero ritenute non strategiche, nonché, eventualmente, dei beni ritenuti non strumentali, utilizzando il netto ricavo per la riduzione del passivo corrente, con conseguente miglioramento della situazione finanziaria e, quindi, degli indici di liquidità;
- ricapitalizzazione, ovvero introduzione di nuova finanza da parte dei soci;
- pactum de non petendo al fine di poter garantire la moratoria dei pagamenti nonché l’astensione dall’esercizio di azioni esecutive nel periodo di esecuzione del piano;
- datio in solutum di beni, con conseguente miglioramento della situazione finanziaria oltre che degli indici di liquidità laddove esse riguardino lo scambio tra attività o diritti immobilizzati con passività correnti.
Per informazioni ed assistenza Tel 045 581358 E-mail info@interprofess.it